La camelia cresce allo stato naturale sulle pendici delle foreste sud-tropicali ad alto fusto nel sud della Cina ed in Giappone. Una volta introdotta in Occidente, ha trovato, nelle zone a clima mite ed umido, un suo secondo areale di diffusione. I laghi del Nord Italia ed in particolare la sponda piemontese del Lago Maggiore costituiscono, con il loro clima mitigato dall’umidità e con la particolare porosità ed acidità del terreno, un perfetto habitat d’adozione.

In ogni vecchia villa del Verbano è presente almeno un albero secolare di camelia, piantato nell’Ottocento, quando questa pianta raggiunse l’apice del suo successo. Seguì, dopo questo periodo di fulgore, un declino, che durò sino alla metà di questo secolo, fino a quando un gruppo di esperti botanici e sapienti floricoltori incominciarono a studiare la camelia. Questi pionieri, capitanati dall’industriale lombardo Antonio Sevesi, presidente e fondatore della Società Italiana della Camelia con sede a Cannero Riviera (VB), diedero inizio a un intenso lavoro di nomenclatura delle varietà presenti sul territorio. Il lavoro iniziato negli anni ’60 è ancora in fieri e presenta sempre nuove sfaccettature e novità per quanto riguarda l’identificazione di vecchie varietà. Insieme a questo importante lavoro di studio storico e d’archivio si è iniziato ad importare cultivar di camelie dall’estero (Nuova Zelanda, Australia, Giappone, Inghilterra ed USA), dove il culto della camelia era presente già da anni.

Le nuove piante importate dall’Ing. Sevesi trovarono la loro dimora nel giardino di Villa Anelli, dove ancora oggi è possibile ammirarle. Con una visita al giardino si può ripercorrere, attraverso le differenti tipologie, tutta la filogenetica del Genus Camellia; straordinario infatti è la collezione di diverse specie botaniche di camelia, che differiscono talmente nei loro caratteri morfologici, da essere a fatica riconducibili allo stesso genere. Sorprendente per quasi tutti i visitatori è il polimorfismo che assumono i fiori sulla stessa pianta: non c’è da stupirsi se si trovano sullo stesso rametto fiori di forma e colore differente, bianchi variegati di rosso, ma a volte completamente rossi o completamente bianchi come in ‘Angela Cocchi’, ‘Contessa Lavinia Maggi’ e ‘Oki-no-nami’.

Tra le diverse specie presenti in Villa Anelli assumono primaria importanza la pianta del tè (Camellia sinensis), la camelia gialla (Camellia chrysantha), le camelie profumate (Camellia fraterna e C. lutchuensis), la camelia da olio (Camellia oleifera) e la grande camelia bianca di Natale (Camellia granthamiana). Le specie maggiormente presenti sono C. japonica, C. reticulata, C. sasanqua ed ibridi.

Il gruppo di Camellia reticulata, delle quindici varietà originarie dello Yunnan in Cina, si può dire essere una rarità, se non addirittura un primato europeo. Queste piante sono, infatti, difficilissime da riprodurre e, quindi, pressoché assenti in commercio; negli ultimi anni sono diventate oggetto di studio presso la Facoltà di Agraria di Milano.

Straordinaria e suggestiva è la collezione di camelie invernali (C. sasanqua, C. hiemalis e C. vernalis), che mantengono i colori e la freschezza della primavera quando intorno la natura è spoglia e intristita dai geli invernali.

Camellia japonica e i suoi ibridi hanno tale variabilità di colori e forme, che, a volte, sembra trattarsi di fiori diversi. Ci sono varietà a fiore semplice con presenza di un folto centro di stami, forma particolarmente cara ai giapponesi, che, nei secoli scorsi, hanno selezionato una serie di fiori di forma semplice ed aperta, chiamata Higo dal nome dell’omonima provincia giapponese, dove i samurai custodivano preziosamente queste piante.

Il gusto europeo, invece, prediligeva, durante tutto l’Ottocento, forme doppie imbricate senza presenza di parti fertili, dove i giri di petali si sovrappongono fino al centro del fiore, descrivendo spirali che, a volte, assumono una forma perfetta a sette braccia, come nella varietà ‘Vergine di Collebeato’, di cui Villa Anelli vanta l’esemplare più vecchio, diventato anche simbolo della Società italiana della Camelia. Diverse sono le cultivar ottocentesche italiane, presenti in collezione e provenienti da varie parti d’Italia, come ‘Francesco Ferruccio’ e ‘Maria Bagnasco’ da Genova, ‘Virginia Franco’ e ‘Marchesa Margherita Serra’ da Firenze, ‘Paolina Maggi’ e ‘Contessa Lavinia Maggi’ da Brescia, ‘Sacco Vera’ e ‘Conte Cicogna’ da Milano e infine ‘Principessa Clotilde’ e ‘Bella Lambertii’ dal Verbano.

Il gusto degli ibridatori americani si discosta molto da quello degli italiani, dando preferenza a fiori di forma irregolare (spesso peoniformi), dimensioni medio-grandi e colori molto intensi. Presenti in collezione, alcune delle varietà di Camellia japonica che hanno fatto la storia internazionale della camelia in questo secolo; per citarne le più famose ‘Betty Sheffield Supreme’, ‘Elegans’, ‘Giulio Nuccio’, ‘Kramer’s Supreme’, ‘Margaret Davis’, ‘Mrs. D. W. Davis’, ‘San Dimas’, ‘Snowman’, ‘Tiffany’, ‘Tricolor’ e ‘Ville de Nantes’.

Sono state selezionate direttamente dall’Ing. Sevesi tre nuove varietà esclusive di Villa Anelli: ‘Giovanna Barbara’, ‘Alessandra Anelli’ e ‘Erminia Sevesi’.

Sono in lista d’attesa almeno una cinquantina di nuove cultivar provenienti da Giappone e Nuova Zelanda, che stanno aspettando, rimanendo per il momento in vaso, una dimora fissa, che è ormai difficilmente rintracciabile per mancanza di spazio.